Progetto finanziato dal PSR Marche 2014-2020 con la Mis. 16.1 per il Gruppo Operativo #LuppoloMarche di cui l’Azienda Agricola Dott.ssa Elena Spinsanti era partner.
Sebbene il luppolo selvatico sia noto prevalentemente in Nord Italia per l’uso culinario, nelle Marche, il terreno coltivato a luppolo ha visto un forte aumento negli ultimi anni per lo scopo brassicolo, grazie anche allo sviluppo di progetti di valorizzazione della coltura.
In particolare, all’interno del progetto “Highops”, promosso dalla Regione Marche, con la collaborazione tra l’Azienda Sofia Paccapelo, l’Azienda Elena Spinsanti, lo studio agronomico AAP studio di Ancona e l’UNIVPM, è stata condotta una sperimentazione triennale sulla coltivazione di varietà commerciali di luppolo per la produzione di coni, a scopo brassicolo, e di cime fresche, per il consumo fresco.
La produzione specializzata di germogli freschi è stata realizzata dall’Azienda Agricola Spinsanti ad Osimo, specializzata da anni nella produzione di ortaggi freschi.
Sono state testate cinque varietà commerciali di luppolo su varie tipologie di impianto: un impianto a gestione libera, senza sostegni, un impianto con pali e fili a parete singola, un impianto con pali e fili a parete doppia. Quest’ultimo, paragonabile ad un comune impianto a V per la coltivazione di lamponi, è stato sviluppato ad un’altezza massima di 1,80 m, con due coppie di fili orizzontali e un filo singolo di testa, e con ampio sesto d’impianto: distanza di 1 m sulla fila ed interfila di 4 m.
In fase di pre-impianto, il terreno è stato lavorato e preparato al trapianto dei rizomi, curando al massimo la correzione del terreno, che per il luppolo deve tendere all’acido.
L’impianto è stati dotati di telo pacciamante e sistema di irrigazione ad ala gocciolante.
All’inizio della stagione produttiva vengono mantenuti tutti i germogli che si sviluppano dal rizoma (negli impianti unicamente brassicoli vengono invece mantenuti solamente due o tre germogli); a seguire durante la stagione di produzione, vengono eseguite apposite fertirrigazioni o, all’occorrenza, concimazioni fogliari, per favorire un equilibrato accrescimento della pianta, che porta avanti contemporaneamente numerosi tralci. Nel momento in cui le piante raggiungono in altezza il filo di testa, si effettua una cimatura, ovvero la prima raccolta del germoglio apicale; questo intervento che favorisce lo sviluppo successivo di numerose femminelle a partire dai nodi. Durante la stagione si viene a creare così una fitta parete vegetativa – ad “altezza d’uomo”- ricca di germogli.
La raccolta delle cime fresche, da effettuarsi nelle ore più fresche della giornata, è scalare. Si raccolgono i getti apicali, per una lunghezza di circa 4-20 cm in base alla varietà e alla tenerezza della cima. Un taglio più frequente aumenta il ricaccio di nuovi germogli, permettendo due o tre raccolte a settimana. Tuttavia, mentre ad inizio stagione si ottengono germogli più gustosi, grossi e teneri, con il susseguirsi degli interventi di raccolta le cime diventano più coriacee, più piccole e meno gradevoli.
Nel post raccolta, essendo il prodotto molto deperibile, diversi accorgimenti possono essere adottati per favorire la conservazione dei germogli, che però tendono a sciuparsi molto velocemente. Per prolungarne la freschezza, è consigliato immergerli parzialmente o completamente in acqua e refrigerarli ad una temperatura di circa 3°C. In queste condizioni, si conservano fino a due o tre giorni. Un’alternativa al prodotto fresco può essere la conservazione sottolio o sottaceto, questa tuttavia ancora da sperimentare.
Dalla sperimentazione è scaturita anche la possibilità di effettuare, da un impianto specializzato per la produzione di cime come quello dell’azienda Nostra Azienda, una raccolta secondaria di coni per la produzione di birra; questa effettuabile a fine stagione, ovvero fine agosto/inizi settembre. Il prodotto raccoglibile, opportunamente analizzato si è dimostrato ottimo sotto il punto di vista quantitativo e qualitativo per la produzione di birra.
L’unico limite della raccolta dei coni in un impianto del genere, è l’impossibilità di essere meccanizzata, il che rende molto onerosa l’operazione.